Il dolore cranio-facciale costituisce sempre un problema diagnostico talora scarsamente definibile per la sua complessità anatomica e neurofisiologica e per il significato psicologico che queste aree assumono. Pertanto risulta difficile anche l’interpretazione dei meccanismi alla base di trattamenti terapeutici che si dimostrano efficaci. Osservazioni storicamente datate, ma valide e precise, già evidenziavano un ruolo centrale dei vasi cranici  e del trigemino nella patogenesi del dolore cefalico (Ray e Wolf 1940, Leriche 1943). E’ noto, inoltre, che fibre afferenti dalle tre radici cervicali superiori convergono sui neuroni del nucleo spinale del trigemino, nella parte superiore del midollo cervicale; perciò è possibile che un disturbo in corrispondenza di questa regione provochi dolore in territorio trigeminale (Stevens et al. 1994, Kerr 1961).

Illustrazione 1 - Medicina del Dolore

La dimostrazione, nell’uomo, di un ricco supporto di fibre contenenti sostanza P (SP) e calcitonin gene-related peptide (CGRP) nella sostanza gelatinosa del subnucleus caudalis del nucleo trigeminale e nelle lamine I e II di Rexed del livello C1 e C2 del midollo cervicale, correla con l’evidenziazione, sempre nell’uomo, dell’esistenza di una convergenza funzionale costituita da proiezioni nocicettive cervicali ai nuclei trigeminali (Uddman et al. 2002, Piovesan et al. 2001, Busch et al. 2005). Osservazioni cliniche, più recenti, supportano l’idea che il nervo grande occipitale (GON) può costituire la struttura irritabile che, per cause diverse, genera dolore occipitale e fronto-orbitale, controllabile, con vario grado di successo, mediante blocchi anestetici e talora con interventi neurolitici (Saadah e Taylor 1987, Bovim e Sand 1992, Gawel e Rothbart 1992, Caputi et al. 1994, Peres et al. 2002, Bogduk 2004, Afidi S.K. et al 2006). Da tali premesse, un nostro studio prospettico sulla efficacia terapeutica del blocco ripetuto del nervo sovraorbitario (SON) combinato o meno al blocco del GON in pazienti emicranici, risultava già conclusivo di alcune incoraggianti evidenze (Caputi e Firetto 1997). L’esperienza è proseguita e, dal 1996 al 2001, sono stati studiati 249 pazienti su un totale di 531 emicranici osservati trattati con blocchi anestetici (59 maschi, 190 femmine; età media 43.4; min.12-max 82) di cui 230 con emicrania senza aura e 19 con emicrania con aura secondo la classificazione della International Headache Society (I.H.S.); 13 con cefalea cervicogenica (CEH). In molti casi la patologia era presente in media da diversi anni ed insufficientemente controllata dalle terapie farmacologiche. Il blocco anestetico dei nervi SON e GON è stato eseguito mediante iniezione perinervosa di bupivacaina 0,5%  a livello dei punti di repere epicranici, se risultanti dolenti alla digitopressione, monolateralmente, bilateralmente o in modo combinato in relazione alla sede del dolore, per almeno cinque giorni consecutivi. L’avvenuto blocco è stato in tutti i casi verificato dalla presenza di anestesia nei territori corrispondenti. L’efficacia del trattamento è stata valutata mensilmente fino a sei mesi per ogni paziente mediante il conteggio del numero totale di crisi di emicrania/mese, il consumo di farmaci analgesici/mese e il Pain TotaI Index, espressione integrata dell’intensità e della durata delle crisi in un mese.

Illustrazione 2 - Medicina del Dolore

Illustrazione 3 - Medicina del Dolore

Per il dettaglio dei criteri di valutazione ed i metodi usati si fa riferimento a nostre precedenti pubblicazioni (Caputi e Firetto 1997; 1999). L’82% dei pazienti ha risposto favorevolmente durante i sei mesi di osservazione. Il trattamento si è dimostrato privo di effetti collaterali ed ha anche consentito, in molti casi, la sospensione di ormai inefficaci terapie farmacologiche in atto ed, in altri casi, la quasi immediata sospensione dell’abusata assunzione di sintomatici. Tale trattamento di profilassi costituisce un protocollo terapeutico che viene applicato a circa il 50% dei pazienti, affetti da vari tipi di cefalee a prevalente componente vascolare, annualmente osservati nel nostro Centro.  La diretta esperienza maturata nell’ambito delle cefalee ed alcuni reports della letteratura relativi al trattamento della nevralgia trigeminale mediante il blocco anestetico delle branche nervose periferiche, ci hanno indotto a verificare l’efficacia dei blocchi anestetici dei nervi epicranici anche nel controllo delle nevralgie trigeminali (Arnèr et al. 1990, Masayoshi et al. 1993, Fumio et al. 1999). Pertanto sono stati sottoposti a ripetuti blocchi anestetici dei nervi epicranici (mediamente n. 8) delle branche interessate 124 soggetti affetti da nevralgia trigeminale idiomatica e 20 da nevralgia trigeminale secondaria. 62 pazienti hanno ottenuto una remissione completa della sintomatologia (n.27 a 6 mesi, n. 32 a 12 mesi); 38 pazienti hanno ottenuto una remissione parziale, consistente in una riduzione in intensità e frequenza delle crisi dolorose quotidiane ³ 50% (n. 24 a 6 mesi, n.7 a 12 mesi); 24 pazienti hanno ottenuto una insufficiente remissione delle crisi quotidiane (< al 50%). Alcuni pazienti hanno potuto interrompere o ridurre la terapia farmacologica in atto. L’intensità del dolore è stata valutata mediante una scala analogica visiva da 0 a 100 mm.

Illustrazione 4 - Medicina del Dolore


Discussione


In accordo con le attuali acquisizioni sul ruolo patogenetico centrale del sistema trigemino-vascolare, noi riteniamo che la prolungata efficacia clinica del trattamento nei soggetti emicranici può ricondursi al blocco dell’infiammazione neurogena trigeminale perivascolare da parte dell’anestetico locale, mediante un meccanismo di inibizione del trasporto assonale e quindi del flusso antidromico dei mediatori del riflesso assonale quali la S P e la CGRP (Uddman et al. 2002, Bisby 1975, Lavoie 1983, Edvinsson e Goadsby 1994).

Illustrazione 5 - Medicina del Dolore

La mancata depolarizzazione cellulare, per effetto del blocco dei canali del sodio da parte dell’anestetico locale, inibendo il rilascio di CGRP interromperebbe la vasodilatazione e la permeabilizzazione con conseguente stravaso di peptidi, fattori locali della sensibilizzazione algogena. Si otterrebbe in tal modo la normalizzazione della soglia di risposta dei nocicettori  del primo neurone sensitivo. Analogamente la tossina botulinica la cui somministrazione locale ha recentemente evidenziato una certa efficacia terapeutica sugli emicranici, agirebbe inibendo il rilascio di tutti i neurotrasmettitori tra cui il CGRP per effetto del blocco della fusione della vescicola sinaptica a livello della membrana cellulare (Durham 2004, Caputi 2004). Il  ricorrere delle crisi nel tempo può condurre, negli emicranici, ad un allargamento dei campi ricettivi epicranici insieme ad una diminuzione della soglia nocicettiva cutanea e intracranica perivascolare ed il blocco del GON può ridurre sia il dolore che l’allodinia cutanea, espressione di sensitizzazione centrale (Burstein 2000, Ashkenazi et al. 2005). L’intervento terapeutico, attuato mediante blocchi anestetici ripetuti, comporterebbe un durevole effetto iposensibilizzante sui nocicettori periferici “riequilibrando” la loro soglia di attivazione e arrestando l’induzione di meccanismi neuroplastici di ipersensibilizzazione centrale che potrebbero tradursi clinicamente in cronicizzazione. Il trattamento ipostimolante, anche se attuato perifericamente e senza influenzare apparentemente il “primum movens”, potrebbe interferire con la fase di formazione e trasmissione dello stimolo algico su un sistema trigeminale irritabile; inserendosi quindi in un momento centrale del meccanismo patogenetico della crisi emicranica. I dati attuali ci permettono di considerare i blocchi dei nervi epicranici una metodica efficace nel ridurre nel tempo l’intensità e la frequenza delle crisi emicraniche e, quindi, assimilabile ad un utile e conveniente trattamento di profilassi. Anche nell’ambito delle nevralgie trigeminali i blocchi anestetici si sono rivelati sicuramente vantaggiosi per indurre periodi, anche protratti, di remissione della sintomatologia con conseguente sinergia e/o riduzione della terapia farmacologica, in taluni casi poco tollerata, e ridurre o procrastinare trattamenti neurolesivi. In tal caso essi agirebbero interrompendo, seppur temporaneamente, uno stato di ipersensibilità del nervo con conseguente soppressione delle zone trigger. Recenti osservazioni riportate in letteratura evidenzierebbero l’efficacia nel controllo del dolore da nevralgia trigeminale refrattaria sia della somministrazione di sumatriptan sia delle iniezioni di tossina botulinica tipo A (Kanai A. et al. 2006, Piovesan et al. 2005).  Nel primo caso è noto che l’attivazione dei recettori 5-HT1B/1D da parte del triptano inibisce il rilascio di CGRP. Pertanto anche in tal caso è ipotizzabile che il controllo del dolore è effetto della inibizione dell’infiammazione neurogenica, probabile induttore di scariche ectopiche. In conclusione il controllo del dolore nell’emicrania e nella nevralgia del trigemino, patologie a patogenesi sicuramente diversa, ottenuto con farmaci e trattamenti che, seppur con meccanismi diversi, agirebbero inibendo il CGRP, evidenzia un ruolo patogenetico comune ed assolutamente centrale di tale peptide.

Illustrazione 6 - Medicina del Dolore

In considerazione della semplicità di esecuzione della metodica, rivelatasi priva di effetti negativi, rapportata ai potenziali benefici, riteniamo tali dati più che incoraggianti sia dal punto di vista clinico che per la comprensione dei meccanismi patogenetici di tali patologie.


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