-motivi clinici: stato febbrile o infettivo;
-motivi immunologici: nelle ore precedenti al trapianto, viene eseguito il cross-match o prova di compatibilità, col quale si misura l'eventuale presenza nel siero del candidato di anticorpi attivi contro le cellule di quel donatore. La presenza di questi anticorpi (cross-match positivo) impedisce il trapianto perché l'organo verrebbe inesorabilmente rigettato.
L'intervento di trapianto, importante e delicato, non è esente da rischi ed ha una durata non inferiore alle cinque ore. Al termine dell'intervento, il paziente viene trasferito nell'unità di terapia intensiva.
Fondamentalmente due categorie di pazienti sono sottoposti a trapianto:
-pazienti affetti da coronaropatie ostruttive (arterie coronariche talmente aterosclerotiche che hanno determinato numerosi infarti miocardici) non altrimenti trattabili;
-pazienti affetti da cardiomiopatia specifica. In queste condizioni il muscolo cardiaco non ha più la possibilità di contrarsi normalmente a causa del danno cellulare. Occasionalmente, i trapianti vengono eseguiti in pazienti che hanno gravi anomalie valvolari, patologie congenite ed eccezionalmente tumori cardiaci.
Secondo la International Society for Heart and Lung Transplantation, nel 2001 sono stati eseguiti 3149 trapianti di cui 767 in Europa. Un numero in calo se si pensa che nel 1994, anno con il massimo numero di trapianti eseguiti, si è arrivati a 4466. Per quel che riguarda l'Italia, i dati diffusi l'anno scorso dal Ministero della Salute parlano di 316 persone con un cuore nuovo, con un rapporto tra pazienti in attesa e pazienti trapiantati di 2,39. I centri attivi sono 17; va ricordato, infatti, che il trapianto è interamente a carico del Servizio Sanitario Nazionale e viene eseguito esclusivamente in strutture appositamente autorizzate dal Ministero della Sanità. Per quel che riguarda la sopravvivenza, in Italia è dell'84% a 1 anno dal trapianto e si mantiene al 72% a 5 anni, un dato considerevole soprattutto se confrontato con la sopravvivenza dei pazienti inseriti in liste d'attesa, ma non trapiantati, per i quali a distanza di tre anni la sopravvivenza è del 30%.
Il limite di età per essere sottoposto a trapianto cardiaco è 65 anni.
Complicanze.
- Rigetto: la prevenzione e la terapia del trapianto, ottenuta con farmaci immunosoppressivi, hanno permesso gli attuali risultati dei trapianti. Il rigetto rappresenta una reazione dell'organismo contro qualcosa che esso non riconosce come proprio. Ciò comporta che:
-non esiste trapianto senza terapia immunosoppressiva, essa va continuata ai dosaggi consigliati;
-il rigetto è frequente nella storia di un trapiantato e non è sempre prevedibile.
I protocolli farmacologici sono diversi da paziente a paziente e da centro a centro; essi sono in continua evoluzione ed utilizzano farmaci sempre più sicuri ed efficaci. I farmaci comunemente usati sono:
-azatioprina;
-ciclosporina;
-steroidi.
-Tossicità: ogni farmaco ha una sua tossicità, a volte dipendente dalla dose, a volte imprevedibile; per la maggior parte dei casi, l'effetto tossico regredisce con la diminuzione della dose. Nel colloquio con il medico prima della dimissione vengono descritti e illustrati gli effetti collaterali di ogni farmaco prescritto (dislipidemie, diabete, ipertensione arteriosa, insufficienza renale cronica, ecc.).
-Aumento della frequenza delle infezioni: ogni farmaco che abbassi i poteri di difesa immunitaria comporta, come inevitabile conseguenza, un aumento della patologia infettiva; mentre ciò era particolarmente evidente con i vecchi protocolli immunosoppressivi, la ricerca scientifica ha attualmente messo a disposizione del medico una serie di farmaci con effetto sempre più selettivo per il rigetto, che lasciano poco modificata la capacità di difesa dagli agenti infettivi.
I "vuoti di difesa" non riguardano tutte le specie di batteri e virus ma solo alcune, peraltro di difficile riscontro nei soggetti non immunodepressi; tutte queste patologie sono curabili, ma l'efficacia della terapia dipende da una corretta diagnosi e questa dall'esperienza del medico, dall'attendibilità del laboratorio e in ultima analisi dall'organizzazione dell'ospedale.
Il consiglio che viene dato ai pazienti trapiantati che sviluppino sintomi di possibile origine infettiva (febbre, disturbi urinari, problemi respiratori) è di recarsi rapidamente in un Ospedale che abbia, dal punto di vista laboratoristico e clinico, esperienza di questa patologia senza ritardare la terapia assumendo ad esempio antibiotici che, senza precisa diagnosi, hanno ben poche possibilità di essere efficaci.
-Neoplasie: la percentuale di neoplasie nel paziente trapiantato è più alta che nella popolazione non trapiantata, questo aumento non è valido però per quei tumori di frequente riscontro nella popolazione cosiddetta sana e che rappresentano, in ultima analisi, le più frequenti cause di morte per questa malattia, come i tumori del colon, mammella, polmone ecc. I tumori legati allo stato immunitario del soggetto che insorgono più frequentemente sono i linfomi, la malattia di Kaposi e i tumori cutanei. Per quanto riguarda i tumori cutanei, ricordiamo che solo eccezionalmente sono di alta malignità e che, solitamente, la loro asportazione richiede un intervento semplice e risolutivo. Al momento della dimissione verrà illustrato il miglior modo per prevenirli.
Il paziente viene dimesso, generalmente dopo 14-30 giorni dall'intervento, quando le sue condizioni cliniche lo consentono e, bene informato, è autonomo nella cura della propria persona e nella assunzione della terapia.
La possibilità di un successo a lungo termine di un trapianto cardiaco dipende in gran parte dalle condizioni generali del paziente sottoposto a tale intervento, ovvero dai danni che altri organi (cervello, fegato, rene, apparato digerente, apparato muscolo-scheletrico, apparato respiratorio) hanno subito durante i lunghi periodi di malattia cardiaca. Per tale motivo tutti i pazienti potenziali candidati a trapianto cardiaco dovranno eseguire una serie di esami clinici preliminari presso centri accreditati.
Un primo livello di screening cardiologico è costituito dai seguenti test:
- elettrocardiogramma (ECG);
- prova da sforzo (con e senza valutazione del consumo di ossigeno);
- esame ecocardiografico;
- holter ECG delle 24 ore;
- scintigrafia miocardica;
- esame emodinamico completo (coronarografia, cateterismo sinistro e destro);
- test farmacologico per la valutazione dell'ipertensione polmonare;
- radiografia torace (AP e LL);
- definizione gruppo sanguigno;
- routine ematica completa.
Un secondo livello di verifica della condizione funzionale di altri organi ed apparati prevede:
- doppler vasi epiaortici e periferici;
- prove di funzionalità respiratoria (spirometria - emogas in aria ambiente- eventuale scintigrafia polmonare);
- ecografia addominale;
- clearence creatinina (+/- successivi esami di funzionalità);
- esofagogastroduodenoscopia (o/e colonrettoscopia);
- mineralometria ossea computerizzata (total body);
- test per HIV, markers epatitici, citomegalovirus, Toxoplasma, Herpes,Varicella);
- tamponi: nasale, orofaringeo, rettale;
- panoramica dentaria e visita odontoiatrica;
- Rx o TC cranio, Rx seni paranasali; e Rx colonna vertebrale (in relazione a notizie anamnestiche);
- esame delle feci ed urinocoltura;
- PSA/ Pap test e mammografia.
Il paziente ritenuto idoneo ad essere sottoposto a trapianto, previo colloquio informativo (esplicitazione rischi- benefici, qualità di vita) verrà quindi tipizzato (HLA I - II classe, valutazione linfocitotossicità) presso il presidio ospedaliero di appartenenza. Verrà ufficialmente inserito in lista di attesa, previa sottoscrizione del consenso informato redatto dal coordinamento trapianti regionale di riferimento.
I pazienti con danni irreversibili a livello renale, polmonare, epatico possono non essere candidati al trapianto cardiaco. Così come pazienti con ipertensione polmonare severa non possono essere candidati al trapianto cardiaco, bensì al trapianto cuore-polmone.
Infine, non rientrano nella categoria di pazienti da sottoporre a trapianto cardiaco soggetti con infezioni attive, diabete insulino dipendente scompensato con vasculopatia e neuropatia secondaria, pazienti che fanno abuso di alcool o droghe e con instabilità neuro-psichiche o affetti da patologia tumorale.
Qualità di vita. La qualità di vita dopo un trapianto migliora sensibilmente. La capacità di essere attivi (passeggiare, assolvere alle normali funzioni quotidiane) può completamente ritornare normale, tanto che alcuni soggetti trapiantati sono diventati dei veri atleti professionisti. Naturalmente, il ricevente un trapianto d'organo ha una serie di nuove responsabilità:
-prendere le medicine per proteggere il nuovo organo ricevuto;
-sottoporsi a regolari esami di controllo per la valutazione della funzione dell'organo trapiantato e degli altri organi (rene, fegato, pancreas, apparato muscolo-scheletrico, ecc.);
-mantenere una corretta dieta;
-eseguire dei programmi di riabilitazione per mantenere un ottimo stato di forma fisica.
Mi permetto di aggiungere, in chiusura, una frase del primo cardiochirurgo che realizzò al mondo un trapianto su uomo nel lontano 1967,battendo sul tempo i colleghi americani:
Se pensi di perdere,
Tu perdi.
Se credi di vincere,
allora vinci.
Chi vince
è sempre colui che era convinto di poterlo fare.
Chris Barnard