Cos’è la cherofobia?

Nella prima puntata di X-Factor, andata in onda lo scorso 6 settembre, si presenta alle audizioni una ragazza e la sua canzone emoziona il pubblico e attira l’attenzione su un concetto poco conosciuto, la cherofobia.

Di che si tratta? Non è un disturbo ufficialmente riconosciuto dalla psichiatria. L’etimologia della parola può però aiutarci a comprenderne il significato. Cherofobia deriva dal greco chairo “rallegrarsi” e phobia “paura”. Letteralmente significa dunque “paura di rallegrarsi, di essere felice”.

Illustrazione 1 - Psicologia

Cos’è la fobia?

La fobia è una paura intensa, irrazionale e sproporzionata nei confronti di qualcosa che non costituisce una vera minaccia, ma che le altre persone affrontano senza particolari difficoltà psicologiche. Chi soffre di fobie è consapevole dell’irrazionalità della propria paura, ma non riesce a controllarla.

L'ansia fobica si manifesta attraverso sintomi fisici come tachicardia, vertigini, extrasistole, disturbi gastrointestinali e urinari, nausea, diarrea, sensazione di soffocamento, arrossamenti, sudorazione eccessiva, tremori e stanchezza.

Sembra un paradosso se si considera che ad oggi la felicità è una meta da inseguire per la grande maggioranza delle persone. Tuttavia, c’è chi pensa che la fregatura sia sempre dietro l’angolo e che alla felicità debba necessariamente seguire l’infelicità. E allora bisogna rifuggire tutto ciò che può procurare uno stato di benessere, che sia un nuovo amore, una nuova posizione lavorativa o in generale un cambiamento che migliorerebbe le condizioni di vita.

Quali sono i sintomi della cherofobia?

Chi soffre di cherofobia si allontana dalle fonti di felicità: si è talmente concentrati sui possibili eventi negativi che possono accadere, che si evitano perciò quelli positivi.

Il cherofobico non necessariamente manifesta una tristezza visibile, ma tende a evitare situazioni che potrebbero renderlo felice. Si sottrae a inviti a feste che potrebbero essere piacevoli, evita cambiamenti di vita che potrebbero avere risvolti positivi, tutto per il timore infondato che subito dopo possa sopraggiungere un periodo molto negativo.

Anche una persona introversa potrebbe sviluppare questa condizione, in quanto tende a isolarsi, a non partecipare ad attività di gruppo o a evitare luoghi affollati e rumorosi.

Quali sono le cause?

Naturalmente le cause di un tale comportamento, come accade con molte delle fobie che sperimentiamo, sono da ricercare nei primi anni di vita. La psichiatra Carrie Barron ha infatti spiegato questa patologia rimandando alla vita infantile del soggetto, nella quale un momento di felicità potrebbe essere stato seguito da una punizione. Magari un evento traumatico del passato.

Stephanie Yeboah, blogger che convive con la cherofobia, spiega che cosa significhi questa condizione: «In definitiva, è una sensazione di completa disperazione, che porta a sentirsi ansiosi o diffidenti all’idea di partecipare o fare cose per arrivare alla felicità, perché è come se si avesse la percezione netta che non durerà – ha detto -. La paura della felicità non significa necessariamente vivere sempre nella tristezza: nel mio caso la mia cherofobia è stata innescata o esacerbata da eventi traumatici, e anche cose positive come completare un compito difficile o conquistare un nuovo cliente mi mettono a disagio».

«Non c’è molto che io possa fare – aggiunge Yeboah – perché non ci sono molte risorse specifiche contro la cherofobia: mi limito ad andare avanti e cercare di non pensarci».

La Psicoterapia cognitivo – comportamentale

C’è da dire tuttavia che, spesso, chi ne soffre tende a vivere anche senza essere felici.  Anzi, la cherofobia può diventare un guscio che fa sentire protetti da minacce e pericoli.

Soltanto quando la sua paura interferisce con le normali attività quotidiane, il cherofobico arriva dallo psicologo. La consulenza o la psicoterapia può aiutarlo allora a prendere maggiore consapevolezza di quelle esperienze del passato che hanno contribuito a renderlo così diffidente verso ciò che è positivo. Attraverso il meccanismo che prevede la rielaborazione del trauma è possibile connotare l’esperienza di significati differenti e associare uno stato emotivo meno negativo.

Anche attraverso la terapia EMDR è possibile ottenere buoni risultati di miglioramento.

Questo è certamente il primo passo verso il cambiamento delle proprie aspettative e dei propri comportamenti.
 

Bibliografia

  • The Anxiety and Phobia Workbook di Edmund J. Bourne.
  • The Psychology of Happiness di Michael Argyle.