Si distinguono in:
* plessi interni - collocati sopra la linea pettinata e ricoperti di mucosa rettale insensibile; * plessi esterni - collocati al di sotto della linea pettinata e ricoperti da derma molto sensibile.
Le emorroidi sono una patologia piuttosto comune che si stima colpisca almeno una volta nella vita la quasi totalità della popolazione. Secondo altre fonti oltre 3 milioni di italiani (il 40% della popolazione adulta) soffre di emorroidi. Il problema si manifesta con uguale frequenza nei due sessi anche se nelle donne occorre considerare i possibili rischi legati alla gravidanza. Durante questo periodo sono infatti diversi i fattori che possono influire sulla comparsa o sull'aggravarsi della patologia emorroidaria. Tra i principali vi sono: alterazioni ormonali che influiscono direttamente sul tessuto vascolare, l'effetto meccanico dovuto alla presenza del feto, il drastico aumento della pressione intraddominale durante il parto. Le emorroidi insorgono prevalentemente tra i 45 ed i 65 anni e tendono ad aggravarsi con il passare del tempo. All'origine della patologia vi sono anche fattori predisponenti come la familiarità, lo stile di vita e le abitudini alimentari. Tra i principali fattori di rischio, il più frequente è legato alla presenza di disfunzioni intestinali, come stitichezza o diarrea cronica. Sedentarietà, sforzi eccessivi, abuso di lassativi, stazione eretta prolungata, abuso di alcool e nicotina, alimentazione incongrua ricca di grassi, spezie, insaccati, cioccolata ed altri alimenti che acidificando le feci irritano la mucosa anale, sono altri fattori che possono scatenare o aggravare i disturbi emorroidari.
A seconda della loro ubicazione le emorroidi vengono divise in interne ed esterne.
Nel primo caso rimangono localizzate all'interno del canale anale, non sono visibili ad occhio nudo e sono generalmente indolori. Durante la defecazione possono uscire all'esterno quindi prolassare per poi rientrare spontaneamente.
Le emorroidi esterne sono invece visibili ad occhio nudo, si sviluppano vicino all'ano, fuoriescono facilmente ed appaiono come protuberanze dure e dolenti.
In relazione all'entità della patologia le emorroidi vengono classificate in quattro gradi di gravità:
Emorroidi di I grado: rimangono all'interno dell'ano e per questo sono visibili soltanto all'esame anoscopico. Il paziente si accorge della loro presenza per il sanguinamento, mentre il dolore è spesso assente
Emorroidi di II grado: normalmente rimangano all'interno e fuoriescono soltanto al momento della defecazione; rientrano spontaneamente, causando sanguinamento e fastidio
Emorroidi di III grado: prolassano all'esterno in maniera definitiva, tanto da necessitare di un intervento manuale per riposizionarsi all'interno del canale anale, generalmente sono dolorose
Il sanguinamento, presente in circa l'80% dei casi, è senza dubbio il disturbo più frequente. Generalmente compare in una forma lieve che richiama l'attenzione del malato per la presenza di striature rosse nelle feci o per la fuoriuscita di qualche goccia di sangue negli istanti che seguono la defecazione. L'emorragia proveniente dal colon è caratterizzata da una colorazione rosso scura, mentre quella rettale e anale, tipica delle emorroidi, si distingue per un colore più intenso (rosso vivo).
Il prurito e la sensazione di fastidio e bruciore nella zona anale sono altri sintomi molto comuni in chi soffre di emorroidi. Non si tratta generalmente di un dolore molto intenso ma di un senso di pesantezza a livello ano-rettale, una sorta di disagio fastidioso con cui molto spesso il paziente convive in silenzio.
L'esordio della patologia avviene in molti casi sottoforma di segnali piuttosto lievi, come la presenza di tracce di sangue sulla carta igienica. Con il passare del tempo tali problemi possono evolversi in una forma più grave, rimanere inalterati o regredire definitivamente.
Negli stadi avanzati il problema assume connotazioni più gravi, trasformandosi in un disagio particolarmente invalidante che interferisce anche con le normali attività quotidiane come il camminare.
Il dolore, non è direttamente legato alla malattia emorroidaria ma alle sue complicazioni ed insorge ogni qualvolta la varice si infiamma a causa di traumi o infezioni microbiche ed ogni qualvolta si forma un coagulo di sangue (trombosi).
Il prolasso è un sintomo che si manifesta con la fuoriuscita delle emorroidi dal canale anale, ad esempio sotto sforzo (colpo di tosse), o durante la defecazione. A seconda che le emorroidi rientrino spontaneamente o rimangano all'esterno si parla rispettivamente, di emorroidi interne ed esterne. Il dolore può comunque comparire, anche in maniera piuttosto intensa, in qualsiasi stadio della malattia emorroidaria. La trombosi è per esempio una delle complicanze acute più frequenti che può colpire sia le emorroidi esterne, sia, più raramente, quelle interne. In questa situazione si assiste alla formazione di un trombo (coagulo di sangue) all'interno della varice infiammata, che si associa a rigonfiamento, prurito e dolore intenso. Il ripetersi di questi episodi rende necessario l'intervento di asportazione chirurgica delle emorroidi (emorroidectomia) che viene utilizzato anche per risolvere i casi più gravi (emorroidi di IV grado, sanguinamento eccessivo e persistente).
La cura delle emorroidi varia in relazione alla gravità della patologia. Nei casi più lievi è sufficiente un po' di moto e delle corrette abitudini alimentari, con una dieta ricca di acqua e fibre per rendere morbide le feci, evitare sforzi fisici eccessivi. Anche l'igiene anale è molto importante con uso di acqua tiepida e saponi acidi ( è preferibile evitare acqua fredda che potrebbe indurre spasmo della muscolatura anale causando lo strozzamento dei noduli emorroidari). L'uso di pomate a base di corticosteroidi, anestetici locali e disinfettanti possono essere d'ausilio nelle forme lievi per ridurre l'infiammazione ed alleviare i sintomi.( è bene ricordare che come tutti i farmaci hanno effetti collaterali e non vanno usate in modo indiscriminato). Nelle forme lievi con emorroidi di I e II grado il risultato di questi trattamenti risolve il problema al 60%, mentre nelle forme più gravi si rende necessario l'intervento chirurgico.
L'operazione di asportazione chirurgica (emorroidectomia), che si rende necessaria per le emorroidi di grado superiore al primo associate a forti sanguinamenti, a trombi frequenti o a prolasso completo (IV grado), ha subito nel corso degli anni numerose evoluzioni.
Ovviamente la scelta dell'intervento più indicato viene fatta dallo specialista sulla base della visita e degli accertamenti. Oggi sono due i principali interventi chirurgici eseguiti nei centri specializzati, quello classico (emorroidectomia tradizionale aperta di Milligan e Morgan) e quello più innovativo, la mucoprolassectomia ,basato sulla tecnica messa a punto dal Dr. Longo. Inoltre l'introduzione di nuovi farmaci anestetici, l'affinamento di nuove tecniche anestesiologiche locoregionali e locali, sono elementi che hanno reso possibile la conduzione della maggior parte degli interventi proctologici in anestesia locale, in regime di day hospital o day surgery, con indubbi vantaggi per il paziente, in termini di confort e rapida dimissione, con un ritorno alle abitudini di vita rapidissimo.
La tecnica di emorroidectomia secondo Milligan-Morgan consiste nell'asportazione dei gavoccioli venosi, dopo legatura dei plessi venosi con scollamento della cute dalla mucosa; le ferite guariscono per seconda intenzione, e la fibrosi cicatriziale contribuisce alla guarigione. Questo intervento così detto "aperto", ha come effetto collaterale una maggiore probabilità di sanguinamento nel post-operatorio, e talvolta dolore durante il periodo di guarigione delle ferite trattato efficacemente con farmaci.
Il metodo di Longo si basa invece sul presupposto che nella malattia emorroidaria, tutta la sintomatologia ad eccezione del sanguinamento, è riconducibile ad un prolasso della mucosa anorettale. Di qui l'idea di effettuare mediante un apparecchio apposito detto "stapler" una prolassectomia con riposizionamento delle emorroidi prolassate in sede anatomica con miglioramento del loro deflusso, e nel contempo la sezione e legatura con clips metalliche dei rami arteriosi riduce la probabilità di emorragie post-operatorie. La tecnica si avvale di un kit, chiamato PPH , che si compone di una suturatrice un dilatatore anale ed un anoscopico. L'intervento inizia con l'introduzione del dilatatore anale, si introduce attraverso questo l'anoscopio fenestrato che permette di confezionare a 3-4 centimetri dalla linea pettinata una borsa di tabacco circonferenziale con punti che comprendono solamente mucosa e sottomucosa. A questo punto si apre al massimo la suturatrice si introduce la testina fino ad oltrepassare la borsa di tabacco. Si pratica un nodo di accostamento e con l'aiuto di un uncino si traggono i fili fatti uscire da appositi fori laterali. Si avvita parzialmente la suturatrice e si introduce tutto lo strumento. Si pratica una moderata trazione sui fili della borsa di tabacco e con la suturatrice perfettamente in linea con il canale anale, si completa l'avvitamento e si pratica la sezione-sutura del prolasso. Una minima apertura della suturatrice ne consente la facile estrazione. Mantenendo in sede l'anoscopio si controlla l'emostasi e l'integrità della sutura. I vantaggi di questa tecnica sono legati al rispetto di tutta la porzione sensibile del canale anale ed all'assenza di ferite chirurgiche. Il decorso post-operatorio è più confortevole per il paziente per la notevole riduzione del dolore,e l'assenza di perdite mucose. Il paziente ha un recupero più rapido rispetto all'intervento tradizionale,con un'efficacia sovrapponibile al metodo tradizionale. Se la diagnosi è corretta circa il 96% dei pazienti riesce a risolvere definitivamente il fastidioso problema delle emorroidi.